Con il VenetoCamp di lunedi 14 maggio, ho partecipato a 5 barcamp in italia.
Credo che la modalità barcamp alla nostra maniera sia piuttosto diversa da quella americana, sia perchè le nostre culture sono diverse, sia perchè la roba importata non ha mai lo stesso sapore di quella originale. Non dico che sia meglio o peggio, semplicemente diversa.
Non è l’argomento culturale quello che mi interessa trattare, ma semplicemente esprimere le mie opinioni riguardo ad alcuni dei mille dettagli che hanno caratterizzato i barcamp cui ho preso parte e che per questo motivo mi piace definire “i miei barcamp“.
Connettività
La prima questione scottante.
Dare connettività si o no? a che condizioni, a tutti o solo ad alcuni?
Secondo me si deve fare una scelta dettata da una serie di variabili. Prima tra tutte: siamo tecnicamente e legalmente in grado di fornire un accesso alla rete? Se si, diamo la wifi a tutti, altrimenti a nessuno.
Inutile avere un numero limitato di accessi, burocrazie bulgare per avere una password e poi se ti sposti di una stanza perdi il segnale.
Non vorrei fosse intesa come una mancanza di rispetto verso chi si è impegnato, mettendo il proprio tempo e il proprio lavoro a disposizione, ma vorrei far capire che se le policy di sicurezza del luogo che ospita l’evento, prevedono la compilazione di un modulo di 500 campi, la fotocopia di un documento d’identità, la scansione biometrica della retina, il deposito di liquidi biologici, ed un massimo di 30 account con 200 partecipanti, forse è il caso di non fornire accesso alla rete e concentrare i propri sforzi su altre attività meno tecniche ma molto più importanti.
Aziende
Le aziende sono ben accette. Sino ad ora non ci sono stati problemi particolari. La massiccia presenza di blogger e del popolo della rete ha saputo amalgamare bene le esigenze di chi si muove sulla rete per questioni di business. Sappiamo tutti che i barcamp possono essere allettanti bacini di utenti, di promozione e di testimonial. Noi lo sappiamo, voi lo sapete, non ci prendiamo in giro a vicenda, c’è rispetto.
Inoltre alcune aziende, come YOO+, sanno ben utilizzare i barcamp per presentare i loro prodotti in modo discreto e colpendo nel segno, forti di una esperienza sociale. A volte, come a mestre, sanno anche uscire da situazioni imbarazzanti, quando un blogger piuttosto impertinente e fissato con il software libero, li mette nell’angolo e pone domande piuttosto acuminate…
Istituzioni
Le istituzioni sanno organizzare i barcamp, come hanno saputo dimostrare a Bologna e a Mestre ma solo perchè al loro interno hanno persone illuminate come Antonella o Gigi. Mi auguro che questa malattia, l’illuminazione, possa infettare maggiormente questi monoliti della comunicazione.
Sponsor e gadget
Attenzione, terreno scivoloso!!!
Senza sponsor è pressochè impossibile organizzare un qualsiasi evento che superi la classica birra con gli amici. Ci sono costi da coprire, locali da prendere in affitto, spese annidate in ogni angolo.
Per questa ragione non credo sia necessario fare battaglie ideologiche contro sponsor e supporter. L’importante è non scendere a compromessi che possano uscire dallo spirito del barcamp. Finora nessun pericolo in vista.
Secondo me la disponibilità di gadget non è fondamentale e come al solito sia meglio non esagerare. Portabadge e spillette sono meravigliosi ricordi, ma anche quando non ci fosse modo di averli, sono le persone che si incontrano a dare valore alla giornata e al barcamp.
Nel caso in cui si avesse il proprio nome su un badge, è importante che possa essere ENORME. In modo da non trasformare il barcamp in un raduno di videolesi (lesi dal video lo siamo già).
Tavoli e sedie
Non sono mai abbastanza. Secondo me è molto importante dedicare uno spazio apposito alla libera socializzazione, dove non si svolga null’altro che sedersi, riposarsi, chiacchierare. Inoltre quasi tutti i barcamper sono computerdodati e amano tenere accesi i loro amici di silicio. Risulta particolarmente comodo avere tavoli e ciabatte elettriche.
Antonio immagina un barcamp fatto solo di sedie e tavoli. Come dargli torto?
Sale e cattedre
Le sale dovrebbero essere piccole. Anzi minuscole. Anzi striminzite.
Nelle sale grandi e con la cattedra rialzata è molto difficile riuscire a generare un dibattito. L’orientamento delle sedie, in una sala da conferenze, non rende agevole conversare tra le prime file e le ultime.
Conferenza o barcamp
Per quale ragione ci si ricorda dei barcamp? Per le cene, le chiacchiere, le facce, le foto, gli imprevisti, gli scherzi.
Non credo che tutti i partecipanti siano disinteressati alle conferenze. Ma sostanzialmente non attraversano l’italia per andare a scoprire l’acqua calda o la fusione fredda. Le conferenze dovrebbero essere uno spunto da cui far partire i ragionamenti, non presentazioni infinite di prodotti commerciali o comizi politici.
E se succede? Mi spiace per il relatore, perchè i partecipanti si dimenticheranno di lui prima ancora di aver salutato la telecamera di Robin Good e quella di Nicola Mattina.
Tempi
Rispettare i tempi è importante per consentire a tutti di poter parlare. Inoltre venti minuti sono un tempo più che ragionevole per iniziare un discorso ma sicuramente troppo breve per portarlo a compimento.
Meglio seminare idee al barcamp e usare la rete come incubatore per vederle crescere e svilupparsi.
Barcamper dalle alpi alle isole, che ne pensate voi?
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