Dal 2010, da quando mi sono trasferito a Vienna, ho scritto su questo blog esclusivamente in Inglese. Le verità, però, é che non ho scritto tanto quanto avrei dovuto, anzi, praticamente mai.
Un po’ perché ho sempre immaginato i miei amici che non parlano italiano, trovarsi dinnanzi a post per loro incomprensibili. Poi c’é la questione del posizionamento su Google: se non hai una localizzazione consistente, perdi posizioni sulla pagine dei risultati. Poi c’era la questione dell’interesse: ho cercato di allontanarmi dalle questioni strettamente italiane, per dedicare piú attenzione al mondo al di fuori che stavo vivendo.
In pratica mi sono costruito un po’ di scuse per scrivere poco, e bon.
Da qualche giorno sono chiuso in casa, qui vicino a Udine, dove abbiamo deciso, per caso e per fortuna, di passare in pace questo periodo di contenimento sanitario. Qui ci abita la famiglia di mia moglie, e tutto sommato meglio sbattersela qui, che altrove. Ci siamo trovati qui quando tutto é cominciato, e allora tanto vale aspettare che passi la tempesta prima di riprendere la vita di prima, eventualmente.
Io vivo una serie di contraddizioni, perché lavoro da casa praticamente da sempre. A parte qualche anno in ufficio a Vienna, la mia vita professionale l’ho fatta tutta senza dover andare da nessuna parte la mattina, e ritornare la sera.
Da 6 anni lavoro per Automattic, un’azienda distribuita con 1300 dipendenti. Tutti da casa, da oltre 70 paesi al mondo. Sono ben abituato a non uscire di casa se non per le necessità di base. Anzi, spesso devo sforzarmi per non stare segregato e fare un po’ di vita sociale.
Quindi la prima contraddizione viene dal fatto che sono già perfettamente adattato a questa condizione di isolamento. Ma tutti quelli intorno a me no. E neanche la mie rete di amici é abituata. Quindi tutti a scoprire le videoconferenze, le chat, i tutorial, le lezioni. Benvenuti nel mio mondo, son solo 25 anni che esiste eh.
Un’altra contraddizione viene dal il fatto che il mio lavoro non é cambiato nelle ultime settimane, e molto probabilmente non cambierà di molto neanche nelle prossime. Gestisco un team di una decina di ingegneri, in una manciata di nazioni diverse, dalla Slovenia al Cile, passando per gli Stati Uniti d’America. Prima facevamo software, adesso facciamo software, e continueremo a fare software anche dopo.
Invece i miei amici che sono improvvisamente lontani dai loro uffici, sono spaesati. Molti non hanno gran che da fare, pubblicano link di musei disponibili online, di servizi di film in streaming, classi di yoga, allenamenti in salotto, e cose del genere. Prima cosa Youtube era gia piena di quella roba li anche prima, seconda cosa io non ho proprio tempo. Seguo gia una serie di risorse online, ma di fare yoga in salotto non se ne parla. E neanche di guardare la lievitazione della pasta madre da casa di una casalinga di Voghera in diretta streaming. Non ho proprio tempo. E neanche voglia.
La terza contraddizione che vivo in questi giorni, ma che presto diverrà una tragedia é quello che vedo succedere ai miei amici in UK, e in USA. I loro governi sono lenti a reagire, e in certi versi probabilmente inadeguati. Ho la sensazione che pagheranno caro tutto questo. Ma non i governi, i miei amici. Loro subiranno le conseguenze di una malattia di cui sappiamo ancora poco e alla quale non siamo pronti.
L’ultima contraddizione di oggi viene dalla nazionalizzazione del problema. Su Facebook, nella mia rete italiana, ho visto prima osteggiare la comunità Cinese. Poi fraternizzare con essa quando arrivavano notizie di attrezzatura tecnica donata ai nostri ospedali. Poi ho visto osteggiare i Francesi perché chiudevano le frontiere. Poi osteggiare gli Austriaci e gli Sloveni perché anche loro hanno deciso di chiudere i valichi.
Adesso vedo messaggi su Facebook del tipo: “quando finisce, mangia italiano, viaggia italiano, vivi italiano”.
Non é il modo giusto. Siamo cittadini del mondo, e questo virus ce lo sta dicendo molto forte. Non ci sono più i valichi, le frontiere, i bordi.
C’é un unico pianeta, una sola umanità.
Prima di restare in isolamento, lavoravo da casa, ma la mia casa é qualunque posto in cui sia mia moglie. Non ho un ufficio, ma ho il mio zaino, con tutto quello che mi serve per il mio lavoro. Facevo circa una cinquantina di voli e circa 200 giorni di viaggio all’anno. Adesso resto fermo per un po’, ma poi spero di ripartire.
L’essere Italiani é solo il risultato di un caso della fortuna genetica e geografica, ma l’essere umani, quello lo decidiamo noi, ogni giorno.
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